ITALIANI ... BRAVA GENTE ?
Nel sito http://www.criminidiguerra.it/html/DocumentiE.htm vi sono moltissimi documenti ed articoli che consiglio di andare a vedere. Io ne ho estratti alcuni che credo siano di immediato interesse. Occorre definitivamente smentire la leggenda degli italiani brava gente. Occorre dire la verità che è stata sempre nascosta dai furbetti democristiani per tanti anni ed ora dal revisionismo fascista. Il guaio vero è stato l'assenza di una Norimberga italiana. Avremmo visto vari personaggi condannati a morte per crimini di guerra sia per le vergogne che ora andiamo a vedere sia per quelle già viste di Foibe, sia per altre che vedremo su Grecia, Albania, ...
1911 Trattato di Losanna: a conclusione della
guerra italo/turca, la Libia restava sotto l'autorità formale della Turchia
che demandava alla amministrazione italiana la sua autorità sulla fascia
costiera tra Zuara e Tobruk.
1913 influenza italiana estesa a tutto il Gebel tripolino con la scusa di
prevenire possibili rivolte.
1914 la resistenza libica costringe gli italiani a ripiegare sulla costa.
1921 discreto stato di pacificazione creato il governatorato di Tripolitania
(Volpi)
1927 governatorato di Cirenaica (governatore Teruzzi)
1929 Badoglio governatore unico delle province di Tripolitania e Cirenaica.
Attacchi di capi senussiti guidati da Omar el Muktar, simbolo della resistenza
cirenaica, nei confronti delle nostre truppe.
1930 Graziani vice governatore a Bengasi. Repressione violentissima
(deportazioni, esecuzioni, confino). Viene rioccupato l'entroterra tra Bengasi
e Tobruk. Viene costruito un reticolato di 270 km da Giarba a Giarabub atto a
impedire che dall'Egitto arrivassero rifornimenti di armi, munizioni e cibo ai
ribelli senussiti.
1931 occupata l'oasi di Cufra. Omar el-Muktar viene catturato e impiccato nel
campo di concentramento di Soluch dopo un processo sommario che non tiene
conto dell'età del prigioniero (73 anni) e del fatto che dovrebbe essere
considerato prigioniero di guerra e non traditore visto che non ha mai
percepito stipendi dal governo italiano.Ciò rappresentò il colpo di grazia
della resistenza senussita. Ancora oggi la visione del film "Il leone del
deserto", del regista siriano Mustafà Accad che narra le vicende di Omar
dal punto di vista arabo, è vietato per censura ministeriale.
1934 Badoglio proclama che "la ribellione araba in Cirenaica è
stroncata".
Lo stesso Graziani parla di 1641 mugiahidin caduti tra il marzo 1930 e il
dicembre del 1931.
Gli aspetti della repressione
Un aspetto della repressione sia in Tripolitania che in Cirenaica fu
rappresentato dai tribunali militari speciali. I processi avvenivano spesso
all'aperto in pubblico per confutare le notizie di esecuzioni sommarie. Gli
imputati indigeni venivano il più delle volte condannati a morte e le
sentenze immediatamente eseguite. Le accuse più diffuse erano quelle relative
all'aiuto dato ai ribelli.
A questo proposito Graziani scrive: "Non appena giunge la segnalazione
di un arresto in flagranza di reato, il tribunale parte e la Giustizia scende
dal cielo. E questo è diventato così nornale che quando un aeroplano giunge
nel luogo dove è stato commesso un reato si sente mormorare negli
accampamenti la parola tribunale" (in Graziani Cirenaica
pacificata pag. 139).
1930 Deportazioni delle tribù che abitavano il Gebel cirenaico (chiamato
anche Montagna verde per il clima abbastanza temperato e ventilato e perché
luogo con sorgenti d'acqua) e chiusura delle zavie (centri polivalenti
senussiti).
Il motivo delle deportazioni era da ricollegarsi alla ripopolazione del Gebel
da parte di coloni italiani.Esodo biblico durato 20 settimane. Delle 100.000
persone ne arrivarono 85.000 (relazione del generale Cicconetti al generale
Graziani). Anche i capi di bestiame furono falcidiati dalla sete, dalla
mancanza di foraggio e dalla aviazione che li mitragliò a volo radente lungo
tutto il Gebel per evitare di lasciarli alle bande locali.
Vari episodi di crudeltà tra i quali ricordiamo l'abbandono di 35 indigeni,
tra cui donne e bambini, nel deserto privi di acqua a causa di una rissa
scoppiata tra loro; altri morti in seguito a fustigazioni, altri ancora morti
di sete o per la fatica.Per evitare la sopravvivenza di bande furono
avvelenate le "guelte", pozze d'acqua dove si abbeveravano gli
animali, i pozzi d'acqua delle varie tribù, incendiati campi e raccolto (cfr
Ottolenghi,op. cit pag 62 e seg).
Badoglio in una lettera a Graziani del 20/6/1930 giustificò le deportazioni
perché"occorre creare un distacco territoriale tra le formazioni
ribelli e le popolazioni sottomesse onde impedire alle seconde di sostentare
le prime…. urge far refluire in uno spazio ristretto lontano dalle loro
terre originarie, tutta la popolazione sottomessa, in modo che vi sia uno
spazio di assoluto rispetto tra essa e i ribelli".
In questo modo Graziani cerca di giustificare le deportazioni: "...
lasciare le popolazioni nei loro territori di origine e dare ampia libertà di
azione alle truppe per scovare e annientare i ribelli ovunque si trovassero.
Non mi sfuggivano le tragiche conseguenze cui avrebbe condotto questo metodo
perché conoscendo a fondo l'ignoranza delle popolazioni beduine, e l'opera su
di essa compiuta dalla propaganda senussita, ritenevo che esse sarebbero state
indotte a persistere nell'errore e a continuare a rifornire le masse armate di
viveri, uomini, armi, donde sarebbe derivato lo sterminio pressoché totale
delle popolazioni beduine della Cirenaica ...
La seconda via era quella di mettere le popolazioni in grado di non aver
contatto con i ribelli ossia supplire con un intervento coattivo del Governo
alla loro ignoranza e deficiente responsabilità risparmiandole agli orrori
della guerra ... sarebbe stato meglio far sopportare a questa i disagi e le
ristrettezze del concentramento ... anziché esporle allo sterminio. Questo
spirito umanitario divenne oggetto di campagna diffamatrice nei confronti
dell'Italia accusata di vilipendio e di offesa alla religione perchè
abbatteva i suoi templi, di atrocità e di ogni genere e perfino del getto
dell'alto degli aereoplani di gente musulmana! Nulla di più spudorato ...
Oggi quelle popolazioni a rischio sterminio sono avviate a raggiungere quel
livello di vita civile ed economica che ingentilirà i loro costumi nobiliterà
i loro cuori e costituirà il primo fattore della loro felicità. Marsa el
Brega, Agheila, Sidi hamed el Magrum oggi hanno l'aspetto di piccoli
villaggi". (Graziani in Cirenaica pacificata pag. 304)
Il 31 luglio 1930 l'oasi di Taizerbo viene bombardata con bombe all'iprite.
Cufra, città santa per gli islamici perché sede della Senussia
(confraternita sunnita), considerata da Graziani "centro di raccolta
di tutto il fuoriuscitismo libico".
Il 26 agosto Cufra è bombardata e i ribelli inseguiti, verso il confine con
l'Egitto. Graziani parla di 100 uccisi, 14 passati per le armi e 250
prigionieri tra cui donne e bambini. Il bilancio complessivo è molto più
alto.Testimonianza del pilota V. Biano (in Del Boca Gli italiani in Libia).
"Partiti all'alba ... gli apparecchi riconoscono sul terreno le piste
dei ribelli in fuga e le seguono finchè giungono sopra gli uomini; le bombe
hanno scarso effetto perchè il bersaglio è diluito ma le mitragliatrici
fanno sempre buona caccia; mirano ad un uomo e lo fermano per sempre, puntano
un gruppo di cammelli e lo abbattono... il gioco continua per tutta la
giornata ... le carovaniere della speranza diventano un cimitero di morti.
Il 20 Gennaio 1931 Cufra è occupata; seguirono tre giorni di saccheggi e
violenze di ogni tipo fatti dai nostri soldati col tacito assenso dei
superiori.
17 capi senussiti impiccati
35 indigeni evirati e lasciati morire dissanguati
50 donne stuprate
50 fucilazioni
40 esecuzioni con accette, baionette, sciabole.
Atrocità e torture impressionanti: a donne incinte squartato il ventre e i
feti infilzati, giovani indigene violentate e sodomizzate (ad alcune infisse
candele di sego in vagina e nel retto) teste e testicoli mozzati e portati in
giro come trofei; torture anche su bambini (3 immersi in calderoni di acqua
bollente) e vecchi (ad alcuni estirpati unghie e occhi) (Ottolenghi op.
cit.pag 60 e seg.).
Grande impressione nel mondo islamico. La "Nation Arabe" scrive:
"Noi chiediamo ai signori italiani… i quali ora si gloriano di aver
catturato cento donne e bambini appartenenti alle poche centinaia di abitanti
male armati di Cufra che hanno resistito alla colonna occupante Che cosa
c'entra tutto ciò con la civiltà?"
Il giornale di Gerusalemme "Al Jamia el Arabia" pubblica , il 28
aprile 1931, un manifesto
in cui tra l'altro si ricordano "alcune di quelle atrocità che fanno
rabbrividire: da quando gli italiani hanno assalito quel paese disgraziato,
non hanno cessato di usare ogni sorta di castigo ... senza avere pietà dei
bambini, nè dei vecchi ...".
Graziani, che riporta il testo in Cirenaica pacificata, lo definisce
"infarcito di menzogne tali che non so se muovano più il riso o lo
sdegno".
1933 Balbo sostituisce Badoglio restando in carica sino al 1940.
L'impiego dei gas e delle armi chimiche
Gli aggressivi chimici furono impiegati per la prima volta nella prima guerra
mondiale da Germania, Austria-Ungheria, Italia, Gran Bretagna e Russia.
Il 17 giugno 1925 viene firmato da 25 Stati aderenti alla Società delle
Nazioni un trattato internazionale che proibiva l'utilizzo di armi chimiche e
batteriologiche.
Il trattato fu ratificato dall'Italia il 3 aprile 1928.
Tra il 1923 e il 1931 l'aviazione italiana impiegò fosgene e iprite
ANNI | LUOGO | FONTI | CARATTERISTICHE | RISULTATI |
1924/26 | Tripolitania: accampamenti, uadi (letti asciutti di antichi corsi d'acqua) | Relazione Mombelli (generale)1 | politica della terra bruciata e del terrore | bombardate 150 tende coniche, numeroso bestiame nuclei armati intenti a lavori di semina |
6/1/1928 | Gifa: oasi a sud di Nufilia (Tripolitania) su popolazioni Mogarba | Operazioni 29° parallelo per unificare Tripolitania e Cirenaica (Relazione generale Cicconetti2 a De Bono AUSSME) |
10 bombe da 21 kg al fosgene da 3 aerei Caproni 111 | |
4/2/28 | Relazione De Bono sugli "esiti bombardamenti in Tripolitania"3 | 3 tonnellate bombe esplosive e all'iprite | 36 indigeni e 960 capi di bestiame | |
12/2/1928 | Hon Uaddan | Diario De Bono | Bombe al fosgene | |
19/2/1928 | Cirenaica 15 km sud-est dello uadi Engar(Gebel) | Relazione governatore Teruzzi4 | 8 quintali di iprite | 42 individui centinaia di capi di bestiame uccisi |
Marzo 1929 | Zeefran Heleighima | Relazione Teruzzi5 | Bombe a gas | 300 cammelli numerosi pastori |
31/7/1930 | Oasi Taizerbo | Autorizzazione Badoglio (Relazione ten. col. R.Lodi al gen. Siciliani6. Graziani7. | 24 bombe da 21 kg a iprite da 4 aerei Romeo 12 bombe da 12 kg e 320 da 2 kg con esplosivo convenzionale | Distruzione bestiame e di numerosi ribelli |
1 "Relazione Mombelli: Caproni esplorò regione Uadi el Faregh...avvistò e bombardò grosso attendamento circa 150 tende coniche e rettangolari.Bombardò regione Saunno con esito visibilmente efficace settantina tende e numeroso bestiame al pascolo.Bombardò ripetutamente accampamento due chilometri est Garbagniha ... nonchè ... nuclei armati intenti lavori semina.".
2 "A prova della terribile efficacia dei bombardamenti sta il fatto che basta ormai l'apparizione dei nostri apparecchi perché grossi aggregati spariscano allontanandosi sempre più".
3 "Relazione De Bono al ministro delle colonie: 263 Op.UG/Segreto: Stamane come stabilito quattro Ca 73 e tre Ro hanno bombardato Gife con evidente distruzione. I quattro Ca 73 sonosi spinti circa settanta chilometri sud Nufilia bombardando anche a gas circa quattrocento tende....".
4 "Relazione Teruzzi: Gebel. Ieri undici, aviazione Mechili bombardato efficacemente noto accampamento con bestiame pascolante .... Risulta da fonte attendibile che recenti bombardamenti eseguiti da aviazione abbiano causato ai ribelli quarantina persone uccise altrettanti feriti e sessantina cammelli abbattuti...".
5 "Relazione Teruzzi: Sembra che nello Zeefran i ribelli abbiano abbandonato quaranta tende .... in seguito ripetuti bombardamenti a gas".
6 "Telegramma Badoglio a Siciliani e De Bono "Si ricordi che per Omar el Muchtar occorrono due cose: primo ottimo servizio informazioni, secondo, una buona sorpresa con aviazione e bombe a iprite....".
7 "Graziani in Cirenaica pacificata a proposito del bombardamento dell'oasi di Taizerbo scrive "Fu effettuato il bombardamento con circa una tonnellata di esplosivo ... Un indigeno, facente parte di un nucleo di razziatori, catturato pochi giorni dopo il bombardamento, asserì che le perdite subite dalla popolazione erano state sensibili, e più grande ancora il panico.""
http://www.criminidiguerra.it/html/Itinerari.htm
Per Africa Orientale italiana si intende quel
territorio comprendente Eritrea e Somalia costituito nel gennaio del 1935 dal
fascismo in previsione della guerra con l'Etiopia che, dopo la conquista
italiana. costituirà parte integrante del territorio.
L'Eritrea fu la prima colonia italiana costituita dopo l'acquisto da parte del
governo italiano (1882) della baia di Assab, sul mar Rosso,dalla Società
Rubattino che, a sua volta, l'aveva acquistata dieci anni prima da sultani
locali.
La colonizzazione italiana proseguirà nel 1885 con l'occupazione di Massaua che
porrà sempre più in primo piano i rapporti con l'Impero abissinio.
Nel 1886 l'eccidio di Dogali, compiuto dagli Abissini per contrastare
l'espansionismo italiano, ne sarà un esempio.
L'espansionismo italiano continuerà sino ai limiti dell'altopiano etiopico e
troverà un atto significativo nel Trattato di Uccialli che, per il governo
italiano ma non per quello etiope, stabiliva una sorta di protettorato
dell'Italia sull'Etiopia.
Dopo l'occupazione del Tigrè, avvenuta nel1893, il colonialismo italiano
subisce una battuta d'arresto con le sconfitta di Amba Alagi, Macallè e Adua.L'Eritrea
costituirà la base delle operazioni del fronte nord, guidate da Graziani, nella
campagna di Etiopia.
Negli stessi anni L'Italia allargava la sua influenza verso il Benadir, Merca,
Mogadiscio (Somalia italiana) previ accordi con il Sultanato di Zanzibar.La
Somalia diventerà la base delle operazioni del fronte sud guidate da Graziani,
nella campagna di Etiopia.
Nella parte settentrionale gli accordi con l'Impero abissinio stabilivano che
tutto "l'Ogaden restasse all'Abissinia".Fu proprio nell'Ogaden a Ual/Ual,
ai confini con la Somalia italiana, che si verificarono quegli incidenti che
fornirono il pretesto per l'aggressione all'Etiopia. Mussolini, che aveva già
deciso l'intervento, tenta di prendere tempo sul piano internazionale e, nello
stesso tempo, di organizzare tempi e modi di attuazione dell'aggressione.
La campagna militare per la conquista dell'ETIOPIA
Ottobre 1935. De Bono ordina ai 3 corpi d'armata di passare il confine del Mareb
(confine eritreo) avendo come primo obiettivo Adua e Adigrat.
L'armamento è considerevole in quanto i centomila uomini che stanno per
muoversi dispongono di 2300 mitragliatrici, 230 cannoni, 156 carri d'assalto.
Dall'Eritra sono anche pronti a decollare 126 aerei.
I militari italiani avanzano senza incontrare resistenza. L'aviazione, intanto,
bombarda Adua e Adigrat facendo numerose vittime tra i civili.
L'episodio è registrato nel diario di De Bono, che così scrive: "Il
Negus ha già protestato per il bombardamento aereo dicendo che si sono
ammazzati donne e bambini. Non vorranno che si buttino giù dei confetti".
Il 6 Ottobre l'armata italiana entra ad Adua incontrando poca resistenza in
quanto Hailè Selassiè ha scelto la tattica del ripiegamento per portare i
nemici al centro del paese, lontano dai loro centri di rifornimento.
Il ras Sejum, cognato del ras Cassa, a cui il negus aveva affidato il comando
delle armate del nord, ripiega nel Tembien, camminando di notte per sfuggire
all'osservazione aerea.
De Bono, intanto, provvede al rafforzamento delle posizioni occupate costruendo
strade, impianti di linee telefoniche, allestendo campi...
Ma il comportamento delle truppe di occupazione si fa subito preoccupante, se De
Bono il 15 Ottobre, alla vigilia dell'occupazione di Axum, scriverà al generale
Maravigna "Allo scopo di evitare che si ripetano ad Axum depredazioni e
danneggiamenti come si è verificato ad Adua, prego disporre che l'ingresso
della città sia di massima interdetto ai militari sia metropolitani che
indigeni, disponendo un servizio di vigilanza e perlustrazione all'interno della
città stessa.(ASMAI AOI 181/24)
11 Ottobre. Defezione del degiac (comandante di reggimento) Gugsa, genero
dell'imperatore, che produce effetti morali e militari sulle truppe etiopi.
18 Ottobre. Incontro di De Bono con Lessona, ministro delle colonie, e il
maresciallo Badoglio inviati da Mussolini in Eritrea per relazionare
sull'atteggiamento di De Bono, considerato troppo cauto nel procedere
all'avanzata.
Mussolini, infatti, spinge per l'occupazione rapida di Macallè-Tacazzè che,
secondo i suoi ordini, deve avvenire il 3 novembre.
FRONTE SUD
Ottobre 1935. Graziani ordina subito massicci bombardamenti. Occupate alcune
città tra cui Dolo, Dagnerei, Oddo.
10 Ottobre. Primo bombardamento chimico a Gorrahei, campo trincerato, il più
importante sulla strada di Dagahbùr.
2-4-5 novembre. 18 aerei Caproni lanciano 189 quintali di esplosivo, mentre i
caccia a volo radente sparano 13.730 colpi.
"Tutta la zona pare arata dalle bombe: non c'è tratto che non sia
sconvolto, ... l'azione aerea è stata formidabile e le sue tracce lasciano
facilmente immaginare quale sia stato il tormento degli abissini che, pazzi di
terrore, non hanno più resistito e sono fuggiti col loro capo morente."
(Luigi Frusci generale in "In Somalia sul fronte meridionale" Cappelli
1936).
Il capo di cui si parla è il grasmac (comandante di zona) Afeuork che, sebbene
ferito, si rifiuta di lasciare il comando e morirà prima di arrivare
all'ospedale di Dagabhur.
11 novembre. Hamanlei attacco etiope. Quattro carri armati Fiat-Ansaldo vengono
distrutti. Perdite italiane.
Graziani è costretto ad aspettare 5 mesi prima di riprendere l'offensiva nell'Ogaden.
FRONTE NORD
De Bono, spinto da Mussolini, riprende l'operazione di conquista di Macallè.
Non trovando resistenza la città viene occupata l'8 novembre. Ma con questa
occupazione la situazione peggiora perché dopo settimane di marcia le armate
abissine provenienti dalle regioni centrali sono giunte a contatto con gli
avamposti nemici.
18 novembre. Gli aerei italiani scoprono il concentramento di reparti nemici
(formato dall'armata del ras Cassia, da quella del ras Sejum) e lo bombardano
con 45 quintali di esplosivo.
Gli abissini reagiscono all'offesa aerea e sanno disperdersi in tempo per
evitare gravi perdite.
11 novembre. Mussolini spinge De Bono a marciare su Amba Lagi, ma, di fronte
alle perplessità di De Bono, acconsente ad una "ragionevole sosta a
Macallè".
14 novembre. Mussolini comunica a De Bono che ha nominato come suo successore
Badoglio.
28 novembre. Arriva Badoglio.
Con Badoglio la guerra muta carattere diventando guerra di distruzione.
Verranno colpite le città, gli accampamenti, le strade, gli ospedali. Saranno
impiegati per la prima volta i gas asfissianti e l'iprite.
A dicembre inizia la controffensiva etiopica: le tre armate etiopiche si stanno
avvicinando a quelle armate italiane.
A sud dell'Amba Aradan si trova l'armata del ras Mulughietà, quella del ras
Cassa si avvia verso il Tembien, mentre quella del ras Immirù ha le sue
avanguardie nel Tacazzè.
4 dicembre. Vengono lanciati 45 quintali di bombe sulle colonne di ras Immirù
per rallentarne l'avanzata.
6 dicembre. 76 quintali di esplosivo distruggono la cittadina di Dessiè e le
tende della Croce Rossa. Nonostante ciò gli abissini hanno imparato a
camuffarsi e disperdersi e a metà dicembre sono a contatto con gli italiani su
tutto il fronte.
14-15 dicembre. Le avanguardie di ras Immirù attraversano il fiume Tacazzè. Un
altro contingente punta al passo di Dembeguinà dove passa l'unica via di
comunicazione con le linee nemiche con lo scopo di tagliare la ritirata agli
italiani.
La sconfitta di Dembeguinà apre a ras Immirù lo Scirè, mentre il ras Cassia
invadendo il Tembiem, minaccia Macallè.
Di fronte a questa delicata situazione Badoglio decide di iniziare la guerra
chimica, non solo per fermare l'avanzata delle truppe ma per terrorizzare le
popolazioni.
Dal 22 dicembre al 18 gennaio vengono lanciati sul fronte nord duemila
quintali di bombe, per una parte rilevante caricate a gas tra cui l'iprite
(solfuro di etile biclorurato), che provoca la necrosi del protoplasma cellulare
ed è sicuramente mortale.
Testimonianze
Hailè Selassiè dinanzi all'assemblea ginevrina il 30 giugno 1936:
"fu all'epoca di accerchiamento di Macallè che il comando italiano,
temendo una disfatta, applicò il procedimento che ho il dovere di denunciare al
mondo. Dei diffusori furono istallati a bordo degli aerei in modo da
vaporizzare, su vaste distese di territorio, una sottile pioggia micidiale. A
gruppi di nove, di quindici, di diciotto, gli aerei si succedevano in modo che
la nebbia emessa da ciascuno formasse una coltre continua. Fu così che, a
partire dalla fine di gennaio 1936, i soldati, le donne, i bambini, il bestiame,
i fiumi, i laghi, i pascoli, furono di continuo spruzzati con questa pioggia
mortale. Per uccidere sistematicamente gli esseri viventi, per avvelenare con
certezza le acque e i pascoli, il comando italiano fece passare e ripassare gli
aerei. Questo fu il suo principale metodo di guerra."
Dottor Schuppler, responsabile dell'ambulanza n.3, in un rapporto al
ministro degli Esteri etiopico: "Ho l'onore di portare a vostra
conoscenza che il 14 gennaio 1936, per la prima volta, delle bombe a gas sono
state impiegate dagli aviatori italiani. Queste bombe hanno ucciso 20 contadini
e io ho curato 15 casi di persone colpite dal bombardamento a gas tra cui 2
bambini. Le ustioni sono state provocate dall'iprite, usata a sud del passo di
Alagi".
Dottor Melly, responsabile di una delle ambulanze inglesi: "Tra
il 7 e il 22 marzo allorché questa ambulanza si trovava nella regione dell'Ascianghi,
curammo dai due ai trecento casi di ustioni da iprite. La maggior parte dei
gasati era rimasta momentaneamente accecata. Un gran numero di ustioni
presentava un carattere particolarmente grave, terribile."
M. Junod, delegato Croce Rossa Internazionale, testimonia sul
bombardamento all'iprite sull'aereoporto di Quorum.
FRONTE SUD
Contemporaneamente all'avanzata del ras Immirù a nord, il ras Destà giunge a
contatto con le difese italiane del campo di Dolo.
Graziani decide di utilizzare in modo massiccio l'aviazione, ottenendo da
Mussolini libertà d'azione per l'uso dei gas asfissianti.
Su Neghelli, base di rifornimento per gli etiopi, rovescia 177 quintali di
esplosivo e di gas.
Testimonianza di ras Destà all'imperatore: "Dal 17 dicembre gli
italiani gettano anche bombe a gas, le quali piovono come la grandine... Le
lesioni, anche leggere, prodotte da tale gas gonfiano sempre più sino a
diventare, per infezioni delle grandi piaghe".
30 dicembre. Graziani ordina un bombardamento nella zona di Gogorù per colpire
lo stato maggiore del ras Destà. Vengono lanciati da tre Caproni 3.134
chilogrammi di esplosivo.
Molte bombe colpiscono le tende e gli automezzi di un ospedale da campo
svedese con i contrassegni della Croce Rossa provocando morti e feriti.
La notizia fa il giro del mondo.
La controffensiva di Graziani inizia il 12 gennaio nella battaglia del Ganale
Doria che vede il lancio di 1.700 chilogrammi di gas asfissianti e vescicanti
sulle popolazioni abissine e l'inizio del disfacimento dell'armata etiope;
prosegue con la conquista di Neghelli (20 gennaio) su cui vengono lanciati ben
1.250 quintali di esplosivo. Le armate del ras Destà, bombardate e irrorate di
iprite, tentano di raggiungere il Kenya, ma verranno annientate nel cosiddetto
"vallone della morte".
FRONTE NORD
La battaglia dell'Endertà.
Badoglio decide di prevenire l'avversario e dal 19 gennaio inizia la battaglia
del Tembien.
23 gennaio. Ras Cassia telegrafa all'imperatore per invitarlo a protestare
presso la Società delle Nazioni per l'uso di iprite da parte italiana. La
battaglia si conclude il 24 e con essa la controffensiva etiopica.
Hailè Selassiè che aveva il suo quartiere generale a Dessiè decide di
cambiare strategia e di andare incontro ai nemici avanzando verso Quoram.
Secondo il negus questa scelta fu dovuta anche all'uso degli aggressivi chimici
da parte italiana.
10 febbraio. Badoglio inizia l'offensiva sull'Amba Aradan durante la quale
vengono sparate molte granate caricate con arsine.
Sull'Amba Aradan vengono catturati due europei al servizio del negus, il medico
polacco Belau e il suo assistente che verranno torturati perché ritrattino la
dichiarazione inviata alla SdN, che denunciavano il bombardamento indiscriminato
di Dessiè.
17-18-19 febbraio. Tutti gli aerei disponibili del fronte nord inseguono
l'avversario in rotta, lasciando cadere in una sola giornata 730 quintali di
esplosivo. "I piloti sembravano scatenati. Si era data libertà di volo
e di azione chi faceva prima a rifornirsi partiva, era una gara continua ... Non
c'era bisogno di abbassarsi troppo: ogni spezzone piombava in mezzo a loro
seminando la morte. Era una bella lezione per quelle teste dure"
(testimonianza di Vittorio Mussolini in Voli sulle ambe). Il ras
Mulughietà viene ucciso mentre le armate del ras Cassa e del ras Sejum sono
avvolti nella manovra a tenaglia di Badoglio.
Febbraio/marzo. Seconda battaglia del Tembien. L'aviazione scaricherà 1.950
quintali di esplosivo. Con una manovra di accerchiamento gli italiani riescono
ad annientare le armate abissinie in ritirata che vengono decimate
dall'aviazione.
"I gruppi marciavano in pieno disordine ma l'obbligatorietà del
percorso lungo la pista, la strettezza dei guadi, i binari delle pareti dei
burroni, contribuivano inevitabilmente a tenerli addensati in colonna. Anche da
mille metri era facile scorgerli. Poi si piombava, il veicolo imboccava il
corridoio delle anguste valli, ne obbediva lo zig zag. Seminava intanto,
sobbalzando agli schianti, il suo carico mortale". (Pavolini
"Corriere della sera ", 3/3/1936.)
28 febbraio. Viene occupata Amba Alagi.
29 febbraio. Mentre è in corso la seconda battaglia del Tembien, Badoglio
attacca l'ultima armata etiopica del fronte nord, quella del ras Immirù nella
battaglia dello Scirè. Per fiaccare il nemico Badoglio, come di consueto,
all'impiego dei caccia e degli aerei da bombardamento.
2 marzo. Verranno usati per la prima volta i lanciafiamme.
3-4 marzo. Badoglio, vistosi fuggire il grosso dell'esercito del ras Immirù
verso i guadi del Tacazzè, ordina all'aviazione di proseguire da sola la
battaglia.
Verranno lanciati 636 quintali di esplosivo e di iprite. Lo stesso
Badoglio racconta che per rendere più completa la distruzione vengono lanciate
piccole bombe incendiarie che trasformano in un solo rogo i fianchi boschivi
della valle del Tacazzè rendendo tragica la situazione del nemico in fuga. I
piloti che scendono a volo radente per mitragliare i superstiti rilevano
notevoli masse nemiche abbattute e grande quantità di uomini e di quadrupedi
trasportati dalla corrente.
Intanto il ras Immirù viene inseguito a sud del Tacazzè e i ras Cassa e Sejum
si ritirano su Quorum.
19 marzo. Il negus Hailè Selassiè, raggiunto nel suo quartier generale a
Quorum, dal ras Cassa e dal ras Sejum, decide di avanzare verso gli italiani e
di dare battaglia nel loro campo a Mau Ceu prima che arrivino forze più
numerose.
Badoglio, che ancora non sa della decisione del negus, così scrive a Lessona in
un telegramma del 12/3/36: "Se il nemico invece di accettare battaglia
nei pressi di Quorum mi fa uno sbalzo indietro di cento chilometri, portandosi a
Dessì, sono fritto. Allora non rimane che il mio vecchio progetto. Mettere in
azione tutta l'aviazione e cominciare da Addis Abeba a tutti i centri
importanti. Tabula rasa. Sono convinto che in una settimana metteremmo
l'Abissinia in ginocchio".
21 marzo. Badoglio apprenderà la decisione del negus e si preparerà alla
battaglia di Mau Ceu.
29 marzo. Mussolini rinnova a Badoglio l'autorizzazione ad usare gas di
qualunque specie (tel n.3652).
30 marzo. La battaglia durerà 13 ore durante la quale gli aerei italiani
lanceranno 335 quintali di esplosivo e sparano 6.200 colpi di mitragliatrice.
1 aprile. Hailè Selassiè ordina agli uomini rimasti di ripiegare sulla pianura
del lago Ascianghi dove verranno inseguiti e bombardati senza tregua.
4 aprile. Gli scampati alla battaglia di Mau Ceu verranno bombardati con 700
quintali di bombe, molte caricate ad iprite. "Per gli aviatori
italiani non era più guerra era un gioco. Quale era il rischio nel mitragliare
dei cadaveri e dei morenti i cui occhi erano bruciati dai gas?" (
testimonianza di Hailè Selassiè).
Il giornalista Cesco Tomaselli racconta: "Le bombe esplodono nel fitto
degli uomini che arrancano curvi, tenendo le mani sulla testa come si fa quando
si è colti da una grandinata sui campi."
Molti moriranno per aver bevuto l'acqua contaminata dai gas tossici del lago
dell'Endà Agafarì.
È Hailè Selassiè che racconta l'atroce visione e sottolinea come "sarebbe
stato necessario fissare questa immagine per poterla presentare al mondo e
distruggere per sempre nel cuore degli uomini i propositi di guerra".
FRONTE SUD
L'avanzata di Badoglio preoccupa Graziani di restare escluso dal successo
finale; così, non potendo ancora iniziare l'azione di terra, comunica che
inizierà la sua offensiva aerea su Harar: "Ho ordinato che oggi 30
aerei da bombardamento distruggano Giggiga... dopo la distruzione di Giggiga
distruggerò Harar" (Graziani a Badoglio e Mussolini 2/3/36).
22-23-24 marzo. 56 apparecchi lanciano 240 quintali di esplosivo.
29 marzo. Bombardata Harar, già dichiarata città aperta, e i cui obiettivi di
importanza militare sono insignificanti. Sulla città verranno lanciati 120
quintali di esplosivo.
Un inviato del Corriere della sera, Mario Massai, che è a bordo di uno degli
aerei scrive: "Per quaranta minuti sono sbocciati sui bersagli, nella
massa del colore ocra delle casette di Harar, mostruosi funghi grigio-scuri per
le esplosioni delle bombe di grosso calibro e sono sprizzate le lingue di fuoco
degli incendi. La popolazione, che fin dal primo avvistamento si era rovesciata
in torrenti umani per le strette vie verso l'esterno della città, ha assistito
certo terrorizzata all'impressionante attacco aereo".
Già il 3 marzo Graziani, nella Memoria segreta operativa per l'azione su
Harar, tra le condizioni per la riuscita della azione, poneva il "libero
uso di bombe e proiettili a liquidi speciali per infliggere al nemico le massime
perdite e soprattutto per produrne il completo collasso morale".
9 aprile. Graziani telegrafa a Lessona (sottosegretario alle colonie) per
informarlo del bombardamento a iprite del giorno precedente a Bullalèh,
Sassabanèh, Dagahbùr, Daagamedò, Segàg, Bircùt.
Due giorni dopo Mussolini telegrafa a Graziani ordinandogli di non fare uso di
gas, ma dopo pochi giorni revoca l'ordine.
15 aprile. Graziani dà inizio all'offensiva su Harar.
Dopo aver gasato e bombardato per un mese la difesa etiope, Graziani inizia
l'attacco da terra.
Il vescovo cattolico di Harar scrive ai suoi superiori in Francia: "Il
bombardamento che gli italiani hanno fatto contro la città è un atto barbaro
che merita la maledizione del Cielo".
La battaglia dell'Ogaden si concluderà con la conquista delle città
precedentemente bombardate.
FRONTE NORD
26 aprile. Badoglio inizia la marcia verso Addis Abeba.
2 maggio. Hailè Selassiè lascia l'Etiopia per raggiungere l'Europa.
La notizia provocherà gravi disordini e saccheggi ad Addis Abeba. La maggior
parte dei seimila stranieri si rifugia nelle legazioni. Fonti italiane parlano
di 600 morti.
Il cronista G.Steer sciverà: "Di quelli che ho visto morti o morenti,
non ce n'è uno solo il cui sangue non ricada sulla testa di Mussolini".
Si sa, infatti, che l'occupazione di Addis Abeba poteva avvenire la notte del 2
maggio e che il rinvio di tre giorni è da ricollegarsi al desiderio di
sfruttare la tragedia in funzione antietiopica, perché fornisce l'occasione di
presentare il popolo etiope semibarbaro e incapace di gestirsi da solo.
3 Maggio. Badoglio riceve un telegramma da Mussolini: "Occupata Addis
Abeba V.E darà ordine perché: 1) siano fucilati sommariamente tutti coloro che
in città o dintorni siano sorpresi con le armi alla mano, 2) siano fucilati
sommariamente tutti i giovani etiopi, barbari, crudeli, pretenziosi, autori
motali dei saccheggi, 3) siano fucilati quanti abbiano partecipato a violenze,
saccheggi, incendi 4) siano sommariamente fucilati quanti, trascorse 24 ore, non
abbiano consegnato armi da fuoco e munizioni."(tel n. 5007)
5 maggio. Badoglio entra in Addis Abeba.
Steer scrive: "Gli italiani istituirono immediatamente la pena di morte
per due reati: il primo riguardava la partecipazione al saccheggio, il secondo
il possesso di armi... Ottantacinque etiopi, accusati di saccheggio, furono
giudicati e condannati a morte da una corte sommaria. Ma le fucilazioni eseguite
dai carabinieri sul posto furono molte di più, ed esse vennero fatte senza
alcuna parvenza di processo. Se oggetti che essi ritenevano rubati venivano
scoperti in un tucul, il proprietario era immediatamente ucciso. Inquirenti
francesi hanno calcolato che almeno 1.500 sono stati liquidati in questo modo".
FRONTE SUD
9 maggio. Graziani incontrerà Badoglio alla stazione di Dire Daua. Con la
stretta di mano tra i due e l'incontro tra le armate italiane del nord quelle
del sud, si conclude ufficialmente la guerra.
26 maggio. Badoglio lascia definitivamente l'Africa.
Graziani diventa vicerè, governatore generale e comandante superiore delle
truppe.
E vediamo un paio di foto:
La testa mozza del degiac, patriota etiopico, Hailú Chebbedè
La testa appesa ...
http://www.criminidiguerra.it/html/repressioneimpero.htm
Giugno 1936. L'Etiopia resta per quasi due terzi
da occupare soprattutto nell'ovest e nel sud dell'impero.
I focolai di guerriglia sono presenti nello Scioa e lungo la ferrovia Addis
Abeba-Gibuti. Difficoltà anche a causa della stagione delle piogge che blocca i
movimenti nelle strade e rende difficili i rifornimenti.
Graziani è praticamente assediato ad Addis Abeba, mentre Badoglio è in Italia
a riscuotere premi e onori.
In complesso il periodo da maggio a ottobre ha un carattere prevalentemente
difensivo. Si intensifica la repressione del ribellismo.
Nei primi giorni di giugno Mussolini telegrafa a Graziani i seguenti ordini:
"Tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le
armi" (tel n. 6496)
"Per finirla con i ribelli...impieghi i gas" (tel.6595)
"Autorizzo ancora una volta V.E a iniziare e condurre sistematicamente
la politica del terrore e dello sterminio contro i ribelli e le popolazioni
complici. (tel n. 8103)
Poggiali, nel suo Diario AOI, scrive a proposito di Addis Abeba: "Intorno
alla città vi sono bande armate e minacciose. Da una settimana si vive sotto
l'incubo di un assalto in grande stile".
L'attacco viene sferrato il 28 luglio.
Nel timore che la popolazione insorga i carabinieri operano arresti di massa di
etiopi adulti e Poggiali afferma: "Probabilmente la maggior parte è
innocente persino di quanto accaduto. Trattamento superlativamente brutale da
parte dei carabinieri, che distribuiscono scudisciate e colpi di calci di
pistola".
A questo attacco partecipa il degiac Aberra Cassa secondogenito del ras Hailù
che gode di grande prestigio sia perché di sangue imperiale, sia perché si è
distinto come grande combattente nella battaglia del Tembien e nella difficile
ritirata di Mau Ceu. Inoltre gode dell'appoggio della chiesa copta e in
particolare del vescovo di Dessiè, l'abuna Petros.
Coadiuvato dal fratello, dopo i primi rovesci, adotterà una politica
temporeggiatrice che lo isolerà rendendolo preda di Graziani..
L'attacco ad Addis Abeba fallirà, l'abuna Petros portato in piazza verrà
giudicato colpevole da un tribunale militare e giustiziato dai fucili di 8
carabinieri.
Graziani informa Lessona, ministro delle colonie: "La fucilazione dell'abuna
Petros ha terrorizzato capi e popolazione... Continua l'opera di repressione
degli armati dispersi nei boschi. Sono stati passati per le armi tutti i
prigionieri. Sono state effettuate repressioni inesorabili su tutte le
popolazioni colpevoli se non di connivenza di mancata reazione"
(telegramma n.1667/8906).
Un altro problema per Graziani è l'occupazione dell'ovest ( in particolare i
centri di Gore, Lechemiti, Gimma, Gambela) che Mussolini vuole al più presto
sotto controllo per allontanare il pericolo di una eventuale pretesa del governo
inglese su quei territori in quanto confinanti con il Sudan.
Il problema più urgente è Gore dove da maggio si è insediato un governo
provvisorio e dove si sono rifugiati gli uomini del passato regime, gran parte
dei Giovani Etiopi, la metà dei cadetti di Olettae, i soldati del ras Immirù (
il miglior generale di Hailè Selassiè).
In questo contesto avverrà il rogo di tre aerei italiani da bombardamento, che
provocherà grande ondata di indignazione in Italia, ma nessuna rappresaglia
perché il 4 luglio la Società delle nazioni revoca le sanzioni all'Italia e il
problema dell'Ovest non ha più quella urgenza prima sottolineata.
Dal mese di ottobre Graziani riprende la conquista dell'Ovest, mentre il ras
Immirù tenta di sfuggire all'accerchiamento e nello stesso tempo incita le
popolazioni contro gli italiani: "Gli italiani che contro il loro
diritto hanno ucciso i nostri soldati col veleno e con le bombe, sono forse
venuti ora per guardarvi col cuore commosso, per farvi vivere tranquilli? ... Se
gli italiani avessero un cuore buono e sapessero governare, non avrebbero dovuto
combattere per 25 anni a Tripoli ... Gli italiani ci vogliono togliere il paese
che i nostri avi resero prospero..."(ACS Fondo Graziani).
Il ras Immirù si arrenderà il 16 dicembre e verrà confinato in Italia sino al
1943.
Nello stesso periodo vengono uccisi i tre fratelli Cassa.
Il primogenito Uonduossen si arrese alle truppe del generale Pirzo Biroli e
subito passato per le armi. Gli altri due si consegnarono spontaneamente al
generale Tracchia contando sulla garanzia fatta dagli italiani di aver salva la
vita; furono arrestati dai carabinieri, mentre bevevano il caffè nella tenda
del generale Tracchia che così comunica la notizia a Graziani: "Alle
18,35 in Ficcè, sede della loro famiglia e noto covo di rivolta da cui
partirono gli ordini per l'attacco alla capitale, Aberra e il fratello
Asfauossen cadevano sotto il piombo giustiziatore."
L'unico capo etiope ancora in armi era ras Destà che, a fine novembre, dopo
aver abbandonato Sidamo, si ritira al centro in una regione montuosa. Nel
dicembre accetta di avviare trattative con gli italiani ma, la notizia della
uccisione dei fratelli Cassa e la richiesta della sottomissione senza condizioni
fatta dagli italiani, fanno fallire le trattative.
Graziani ordina di bombardare la regione in cui il ras ha trovato rifugio. Si
combatte per una settimana. Il ras, inseguito dall'aviazione e dagli autoblindo,
viene nuovamente attaccato mentre sosta a Goggetti, ma riesce a scappare.
Secondo gli ordini di Mussolini, tutti i capi catturati verranno passati alle
armi e lo stesso villaggio dato alle fiamme.
"È inteso che la popolazione maschile di Goggetti di età superiore ai
18 anni deve essere passata per le armi e il paese distrutto" (tel
54000).
Il ras Destà verrà fatto prigioniero nel suo villaggio natale il 24 febbraio
da uomini di un degiac collaborazionista.
Consegnato agli italiani fu impiccato dagli uomini del capitano Tucci.
Sulla "Gazzetta del popolo" del 24 febbraio 1938 Guido Pallotta
vice-segretario dei Guf,
commentando la morte del genero dell'imperatore, scrive: "E nello
scroscio del plotone di esecuzione echeggiò la più strafottente risata
fascista in faccia al mondo, la sfida più cocente alle truppe sanzioniste.
Schiaffone magistrale che il capitano Tucci menò alla maniera squadrista sulle
guance imbellettate della baldracca ginevrina".
Ma dopo il fallito attentato a Graziani si scatena la reazione ancora più
violenta degli italiani.
17 febbraio 1937. Graziani invita nel suo palazzo di Adis Abeba la nobiltà
etiope per festeggiare la nascita del principe di Napoli e per l'occasione
decide di distribuire una elemosina ad invalidi del luogo (ciechi, storpi, zoppi
).
La testimonianza di un medico ungherese presente, sottolinea la dura
rappresaglia seguita al fallito attentato. Anche le immagini del filmato Fascist
legacy della BBC mostrano come nessun etiope uscì vivo dal cortile dove si
teneva la cerimonia.
Una nota dell'ambasciatore USA in Etiopia sottolinea che fatti del genere non si
vedevano dal tempo del massacro degli armeni.
Graziani comunica immediatamente ai governatori delle altre regioni di agire con
il massimo rigore.
Ad Addis Abeba è il federale Guido Cortese che scatena la rappresaglia.
Testimonianza di Poggiali: "Tutti i civili che si trovano ad Addis Abeba
hanno assunto il compito della vendetta, condotta fulmineamente coi sistemi del
più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di
ferro, accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada... Vedo un autista
che, dopo aver abbattuto un vecchio negro con un colpo di mazza, gli trapassa la
testa da parte a parte con una baionetta. Inutile dire che lo scempio si abbatte
contro gente ignara e innocente".
Vengono incendiati tucul, chiese copte, terreni coltivati, quintali di orzo
Anche la chiesa di San Giorgio viene data alle fiamme "per ordine e alla
presenza del federale Cortese".
Ad Addis Abeba 700 indigeni vengono fucilati dopo essere usciti a gruppi dalla
ambasciata britannica dove si erano rifugiati (fatto denunciato dal ministro
inglese al Parlamento il 26/3/37)
Vengono inquinati i terreni con aggressivi chimici, abbattuto il bestiame.
Molti uomini bruciati vivi, altri lapidati o squartati.
Mussolini con un fonogramma impone che ogni civile sospettato sia fucilato senza
processo.
Il numero esatto delle vittime della repressione è di 30.000 per gli etiopi,
tra i 1.400 e i 6.000 per inglesi, francesi e americani.
Graziani il 22 febbraio scrive a Mussolini: "In questi tre giorni ho
fatto compiere nella città perquisizioni con l'ordine di far passare per le
armi chiunque fosse trovato in possesso di strumenti bellici, che le case
relative fossero incendiate. Sono state di conseguenza passate per le armi un
migliaio di persone e bruciati quasi altrettanti tucul" (tel n. 9170).
26 febbraio. Graziani fa fucilare 45 "tra notabili e gregari risultati
colpevoli manifesti" (tel. N.9894 ).
Nei giorni successivi fa fucilare altri 26 esponenti della intellighenzia
etiopica, elementi aperti alla cultura europea. Altri 400 notabili vengono
trasferiti in Italia, mentre altri "elementi di scarsa importanza ma
nocivi" con a seguito donne e bambini (tel. Graziani a Santini
n.20650), vengono confinati a Danane dopo un viaggio durato più di 15 giorni
che provocherà morti per stenti, vaiolo e dissenteria. ...
19 marzo. Graziani scrive a Lessona: "Convinto della necessità di
stroncare radicalmente questa mala pianta, ho ordinato che tutti i cantastorie,
gli indovini e stregoni della città e dintorni fossero passati per le armi. A
tutt'oggi ne sono stati rastrellati e eliminati settanta."(tel. 14440).
21 marzo. Graziani scrive a Mussolini: "Dal 19 febbraio ad oggi sono
state eseguite 324 esecuzioni sommarie... senza comprendere le repressioni dei
giorni 19 e 20 febbraio"
30 aprile. Le esecuzioni sono passate a 710 (tel. n.22583), il 5 luglio a 1686 (tel
n.33911), il 25 luglio a 1878 (tel. n. 36920) e il 3 agosto a 1918 (tel.
n.37784).
Dalla relazione del colonnello Hazon si evince che i soli carabinieri hanno
passato per le armi 2.509 indigeni.
Alcuni episodi raccontati dallo stesso Graziani testimoniano che le esecuzioni
avvenivano spesso senza la minima prova.
14 marzo. Un nucleo di carabinieri, recatosi in una abitazione per arrestare un
ricercato, arresta sia il proprietario che gli 11 indigeni che si trovavano sul
posto per non aver favorito la cattura del ricercato.
Graziani scriverà a Lessona "Data la gravità del fatto li ho fatti
passare per le armi" (tel. n.14150).
23 aprile. 32 capi amhara e 100 indigeni fucilati per condotta dubbia e Argio
bruciata (tel. Graziani a Lessona n.23313)
25 aprile. 200 amhara arrestati, cacciati dentro una fossa e fucilati.
Poggiali scrive: "Nell'Uollamo un capitano italiano ha fatto razzia di
bestiame a danno di una famiglia indigena. Il capofamiglia denuncia la
prepotenza e il capitano uccide tutta la famiglia compresi i bambini"
A maggio Graziani si vendica del clero copto accusato di connivenza con gli
autori dell'attentato.
Secondo la relazione del generale Maletti, che ha sostituito Tracchia nella
repressione dello Scioa, in due settimane le sue truppe incendiano 115.422
tucul, tre chiese, un convento, e uccidono 2.523 ribelli, servendosi del
battaglione musulmano al posto di quello eritreo composto in gran parte da copti.
Maletti il 18 maggio accerchia il villaggio conventuale di Debra Libanòs, il più
celebre di Etiopia."Questo avvocato militare mi comunica che ha
raggiunto le prove della correità dei monaci del convento ... Passi pertanto
per le armi tutti i monaci compreso il vicepriore" (tel. di Graziani a
Maletti n. 25876).
Dopo aver ricevuto da Graziani la conferma della responsabilità del convento
nell'attentato, il 20 maggio, trasferisce in un vallone a Ficcè 297 monaci e 23
laici e li passa per le armi".
Sono stati risparmiati i giovani diaconi, i maestri e altro personale
d'ordine... Il convento chiuso definitamente." (tel. Di Graziani
Lessona n.23260).
Tre giorni dopo invia un nuovo telegramma a Maletti: "Confermo
pienamente la responsabilità del convento di Debra Libanòs. Ordino pertanto di
passare per le armi tutti i diaconi" (tel. 26609).
In realtà recenti studi hanno fatto salire a 1600 il numero delle vittime del
massacro di Debra Libanos.
Intanto continua l'azione antiguerriglia delle truppe italiane nelle regioni
dell'impero come si deduce dai bollettini inviati al ministero dell'Africa
italiana.
I fatti si riferiscono a esecuzioni, rastrellamenti di armi, distruzioni di
paesi ostili.
4 aprile. Bruciato il paese di Atzei e il bestiame sequestrato dopo aver
accertata la ostilità degli abitanti contro gli italiani.
12 aprile. Nella regione dei Galla-Sidamo erano stati sequestrati 2.000 fucili,
14 mitragliatrici, 50 pistole; nel territorio di Ambo 6.823 fucili, 16
mitragliatrici, 19 pistole.
18 aprile. Occupato e incendiato il villaggio di Eso dopo che erano stati
catturati e eliminati 21 ribelli.
1 maggio. Graziani comunica a Roma che i bombardamenti nel governatorato dell'Harrar
proseguivano.
In agosto scoppia simultaneamente una rivolta in varie parti dell'impero. Per
Graziani il principale capo è Hailù Chebbedè
Nel settembre del 1937 viene catturato e fucilato; la sua testa infilzata su un
palo è esposta nella piazza del mercato di Socotà e Quoram.
Graziani, alla fine dell'anno, verrà sostituito con il Duca d'Aosta che attuerà
una politica meno repressiva .
http://www.criminidiguerra.it/html/campiafrica.htm
Campi di concentramento (16 in Libia 1 in
Eritrea 1 in Somalia)
Campi di rieducazione (4)
Campi di punizione (3)
Nei campi vennero inviati sia le tribù allontanate dal Gebel el- Achdar sia
gli indigeni appartenenti a tribù seminomadi vaganti attorno alle oasi o
all'interno.
I principali campi di concentramento furono Soluch (a sud di Bengasi); Sidi el
Magrum (a ovest di Bengasi) ;Agedabia (a 200 km a ovest di Bengasi) nelle
vicinanze della primitiva sede della Senussia per dare un segnale alla
resistenza senussita della forza dei coloniali italiani;.Marsa el Brega; el
Abiar; el Agheila.
Nei campi di rieducazione inviati giovani appartenenti a tribù più evolute per
trasformarli in impiegati utili all'amministrazione coloniale.
Nei campi di punizione tutti coloro che avevano commesso reati o ostacolato
l'occupazione italiana.
Testimonianza di un sopravvissuto Reth Belgassen recluso ad Agheila (cfr
Ottolenghi op. cit.): "Dovevamo sopravvivere con un pugno di riso o di
farina e spesso si era troppo stanchi per lavorare... ricordo la miseria e le
botte... Le nostre donne tenevano un recipiente nella tenda per fare i
bisogni... avevano paura di uscire rischiavano di essere prese dgli etiopi o
dagli italiani…le esecuzioni avvenivano... al centro del campo egli italiani
portavano tutta la gente a guardare. ci costringevano a guardare mentre morivano
i nostri fratelli. Ogni giorno uscivano 50 cadaveri."
Testimonianza della propaganda fascista "L'Oltremare": "...
Nel campo di Soluch c'è ordine e una disciplina perfetta e regna ordine e
pulizia".
Dopo il crollo della dittatura Canevari, che era stato comandante in Cirenaica,
scrive: "Noi non abbiamo mai creato campi di concentramento in Cirenaica
ma solo delle riserve in campi splendidamente sistemati e forniti di tutto il
necessario dalle tende ai servizi idrici ... In tal modo il governo italiano li
sottraeva dal dilemma o rifornire i ribelli o cadere sotto le loro vendette.
Dopo la permanenza nei campi, le popolazioni della Cirenaica tornarono alle loro
terre rinnovate dalla scienza e dalla scuola"
La mancanza di volontà nell'ammettere l'esistenza di campi di concentramento in
Libia, fa scrivere nel 1965, nel resoconto di G. Bucco e A. Natoli sulla
"Organizzazione sanitaria in Africa" dal Ministero degli Affari
Esteri, che "La maggior parte degli Auaghir viveva, prima di
raccogliersi nella zona di Soluch, nelle zone... del Gebel", quando
invece queste tribù vi erano state deportate.
Motivi di chiusura dei campi
1) riduzione delle rivolte specialmente dopo l'esecuzione di Omar.el-Muktar.
2) coloni italiani già insediati nelle zone assegnate loro del Gebel cirenaico.
3) le popolazioni nomadi e seminomadi non avevano assimilato il tipo di vita
sedentario imposto nei campi.
4) pericolo di epidemie per l'alto numero di individui inviati nei campi.
5) costi eccessivi sia dal punto di vista economico che militare.
CAMPI DI CONCENTRAMENTO LIBIA 1930/1933 | PROVENIENZA E/OCARATTERISTICHE DEI RECLUSI | LAVORI DEI RECLUSI | NUMERO RECLUSI ALL'APERTURA | NUMERO RECLUSI ALLA CHIUSURA |
SOLUCH | GEBEL EL-ACHDAR E ZONA ATTORNO BENGASI (TRIBÙ SEMINOMADI) | LAVORI STRADALI E EDILIZIA COLTIVAZIONE TERRA ALLEVAMENTO | 20000 | 14500 |
EL-MAGRUM | GEBEL EL-ACHDAR | LAVORI STRADALI E EDILIZIA COLTIVAZIONE TERRA ALLEVAMENTO | 13000 | 8500 |
AGEDABIA | NOMADI MOGARBA | LAVORI EDILIZI FERROVIARI COLTIVAZIONE ALLEVAMENTO | 9000 | 75OO |
MARSA EL BREGA | MARABTIN PROVENIENTI DA OLTRE 500 KM MARCIA DI 2 MESI ALTRI VIA MARE NE PARTIRONO13200 NE ARRIVARONO10000 | LAVORI STRADALI ALLEVAMENTO | 20072 | |
EL-ABIAR | TRIBÙ NOMADI ENTROTERRA DI BENGASI | COSTRUZIONE DI STRADE PASTORIZIA | 8000 | |
APOLLONIA | 628 | |||
BARCE | 438 | |||
AIN GAZALA | 426 | |||
DRIANA | 275 | |||
EL NUFILIA | 225 | |||
DERNA | 145 | |||
COEFIA-GUARSCIA | 145 | |||
SIDI CHALIFA | 130 | |||
SUANI EL TERRIA | 100 |
CAMPI DI PUNIZIONE | DETENUTI COMPLESSIVI | TIPOLOGIA DETENUTI | |
NOCRA 1895 1930 ERITREA | 3000 UOMINI | SINO AL1910 DELINQUENTI COMUNI POI DETENUTI POLITICI | |
EL AGHEILA 1930 LIBIA | 30000 UOMINI 4500 DONNE | TRIBÙ RIBELLI, NOTABILI SENUSSITI, DEPORTATI FUGGIASCHI DAI CC |
|
DANANE 1935 SOMALIA | 6500UOMINI 500 DONNE | VOLUTO DA GRAZIANI PER ACCOGLIERE I COMBATTENTI DELLE ARMATE DI RAS DESTA'(FRONTE SUD) MA POPOLATO DAL 1936 DI NOTABILI DI MEDIO E BASSO RANGO, DI EX UFFICIALI DI MONACI COPTI DI PARTIGIANI ETC. | 3175 MUOIONO PER SCARSA ALIMENTAZIONE, MALARIA ENTEROCOLITE,MANCANZA DI IGIENE |
CAMPI DI RIEDUCAZIONE ANNESSI AI CC | NUMERO DI INTERNATI | SCOPO DEL CAMPO |
SOLUCH | 500 MASCHI 60 FEMMINE | INSEGNAMENTO PROFESSIONALE /ECONOMIA DOMESTICA |
SIDI EL MAGRUM | 200 MASCHI 30 FEMMINE | ARTIGIANATO/ECONOMIA DOMESTICA |
AGEDABIA | 120 MASCHI 10 FEMMINE | SCUOLA DI AGRICOLTURA E ORTICULTURA |
MARSA EL BREGA | 600 RAGAZZI | SCUOLA MILITARE COMANDO TRUPPE INDIGENE |
http://www.criminidiguerra.it/html/bombardagas.htm
DATA | LUOGO | FONTI | CARATTERISTICHE |
22/12/1935 | Dembenguinà (fronte nord) Tacazzè |
Diario storico del comando aereonautica.8°, 9° stormo. George Steer inviato Times in Etiopia testimonianza di ras Immirù Hailè Sellasse.Relazione Dott. Schuppler, capo ambulanza. Al ministro degli esteri etiopico. Dott.Melly capo ambulanza inglese.(1) |
6 bombe C 500.T a iprite (prima azione di sbarramento C) |
Dal 23 al 27 dicembre | Telegramma di Hailè Selassiè alla Società delle nazioni (2) | 60 bombe a iprite | |
28/12/35 | Autorizzazione di Mussolini a Badoglio sull'uso dei gas telegramma 15081 | ||
29/12/35 | Risposta di Badoglio "già adoperato iprite" | ||
Dal 2 al 4 gennaio | Sokotà; Lago Ascianghi | Diario aereonautico 8° 9° stormo | 58 bombe a iprite |
5 gennaio 1936 | Richiesta di Mussolini a Badogliodi arrestare i bombardamenti (sino alle riunioni ginevrine) telegramma 180 | ||
Dal 6 al 7 gennaio | Abbi Addi e guadi torrente Segalò | Diario storico del comando areonautico | 45 bombe C 500.T |
Dal 12 al 19 gennaio | Diario storico del comando areonautico | 76 bombe " " | |
19 gennaio | Nuova autorizzazione di Mussolini telegramma 790 | ||
Dal 23 /12 al 23/3 | Guadi del Ghevà, Guadi del Tacazzè zone di Quoram, varie carovaniere. | Diario storico comando areonautico | 991 bombeC.500.T |
11/2/36 | Amba Aradan | Diario storico comando artiglieria | Uso di proietti ad arsine1367(3) |
aprile | Lago Ascianghi | Testimonianza Hailè Selassiè ( 4) |
1) Steer "Per la prima volta un popolo
che si ritiene civilizzato usa i gas tossici contro un popolo che si ritiene
barbaro. A Badoglio... la gloria di questa ardua vittoria".
Immirù Hailè Sellasse (generale di Hailè Selassiè): "Fu uno
spettacolo terrificante... Era la mattina del 23 dicembre avevo da poco
attraversato il Tacazzè quando comparvero nel cielo alcuni aeroplani... quel
mattino non lanciarono bombe ma strani fusti che si rompevano non appena
toccavano il suolo o l'acqua del fiume e proiettavano intorno un liquido
incolore... alcune centinaia dei miei uomini erano rimasti colpiti... e urlavano
per il dolore, mentre i loro piedi nudi, le loro mani, i loro volti si coprivano
di vesciche."
Dott. Schuppler: "Ho l'onore di portare a vostra conoscenza che il 14
gennaio 1936 delle bombe a gas sono state usate dagli aviatori italiani. Ho
curato 15 casi di persone... tra cui 2 bambini".
Dott Melly: "Tra il 7 e il 22 marzo ….nella regoine di Ascianghi
curammo dai due ai trecento casi di ustione da iprite..." in (Del Boca I
gas di Mussolini, Editori riuniti, pag. 118 e seg.)
2) "Il 23 dicembre, gli italiani hanno fatto uso contro le nostre
truppe, nella regione del Tacazzè, di gas asfissianti e tossici, ciò
costituisce una nuova aggiunta alla lista già lunga delle violenze fatte
dall'Italia ai suoi impegni internazionali."
3) L'arsina agiva sulle mucose e sull'apparato respiratorio con effetti che,a
seconda della concentrazione, potevano essere irritanti o mortali.
4) Molti moriranno per aver bevuto l'acqua contaminata. Il negus davanti
l'atroce visione dei cadaveri dirà: "Sarebbe stato necessario fissare
questa immagine per poterla presentare al mondo..."
DATA | LUOGO | FONTI | CARATTERISTICHE |
15/12/35 | Somalia (fronte sud) | Autorizzazione di Mussolini a Graziani sull'uso dei gas telegramma 14551 | |
24/12/35 | Areri | Diario storico del comando dell'aviazione in Somalia | 17 bombe a iprite da 21kg 1 a gas fosgene da 41kg |
30 /31/35 | Dagahbur Sassabanech Bullaleh | Diario storico AO Relazione Graziani all egato 295 |
71 bombe come rappresaglia per la uccisione di due aviatori italiani |
Tra il 15 e il 30 dicembre 35 | Malca Dida (Croce rossa svedese) Bullaleh (croce rossa egiziana) Neghelli (croce rossa etiopica)* | Relazione Graziani Grande sdegno in Europa. Telegramma Mussolini a Graziani n 029: "Approvo ma ... evitare le istituzioni internazionali della Croce Rossa." |
|
6 Gennaio 36 | Nuova autorizzazione di Mussolini a Graziani tel.334 | ||
12 /1/36 | Offensiva del Ganale Doria | Relazione Graziani Diario storico del comando brigata aerea Diario srorico 31° gruppo AO |
6 bombeC.500.T a iprite 18 da 41 kg a fosgene |
25/1/36 | 10 bombe a iprite da 21 kg | ||
16-25/2/36 | Uebi Gestro Bale | Diario storico del comando brigata aerea | 10 bombe C500.T a iprite e 92 da 41 kg a fosgene |
marzo | Sulle difese abissinie nella zona di Harar | Diario storico del comando brigata aerea Relazione Graziani | 49 bombeC500.T34 da 21 kg a iprite 88 da 41 kg a fosgene |
8 aprile | Sassabanech Dagahbur | 13 bombe C500.T | |
10 aprile | Telegramma di Mussolini 4081con l'ordine di non fare uso di mezzi chimici a Graziani | ||
20 aprile | Hamanlei, Bircut, Gunu, Bullaleh | Relazione Graziani | 12 bombe C500,T |
27/4 | Nuova autorizzazione Mussolini tel.n7440 | ||
27/4 | Sassabaneh | Diario storico del comando brigata aerea Relazione Graziani | 36 bombe a fosgene |
Bullaleh | Diario storico del comando brigata aerea Relazione Graziani | 54 bombe a fosgene | |
Dal 24dic al 27 aprile | 30500kg bombe iprite 13300 kg bombe a fosgene |
* Nell'attacco a Malca Dida restò ucciso il
medico svedese Lundstrom, 42 ricoverati, alcuni dei quali colpiti da iprite, e
altri 50 restarono feriti .Gli attacchi si intensificarono nei mesi successivi e
distrussero ambulanze etiopiche a Dagabhur, Ualdià, Macallè, ospedaletti
egiziani, inglesi, svedesi e finlandesi e gli unici due apparecchi della croce
rossa etiopica a Dessì e Quoram.
Gli attacchi aerei non finirono con la proclamazione dell'impero, ma si
intensificarono in molte zone.
PERIODO | LUOGO | FONTI | CARATTERISTICHE |
Dal Maggio a Agosto1936 | Sud/ovest Sidamo Zona Tacazzè |
Diario storico AOI | Bombe C500T |
Tra il 7 e il 12 settembre | Lasta (roccaforte dei fratelli Cassa) zona Tacazzè.Villaggi tra Lalibelà e Bilbolà. | Telegramma Lessona a Graziani n°10724"Autorizzo a impiegare i
gas se li ritenga utile" Telegrammi Graziani a Pirzo Biroli e al comandante dell'aviazione Pinna n°15633 e 15756(1) |
Bombe C500T |
21/22 Ottobre | Zone del Monte Zuqualà e Debocogio villaggi rasi al suolo | Diario storico AOI Relazione Gariboldi a Gallina tel n° 077701 24 ottobre "Zona del monte Debogogio è stata ipritata.Prudente informare le truppe operanti.." |
Bombe C500T |
Fine 1936/1937 | Ovest, Uollega, soprattutto vengono ipritati guadi, torrenti carovaniere. | Diario storico AOI | Bombe C500T |
Graziani "La rappresaglia deve essere effettuata senza misericordia su tutti i paesi del Lasta... Bisogna distruggere i paesi stessi perché le genti si convincano della ineluttabile necessità di abbandonare questi capi... lo scopo si può raggiungere con l'impiego di tutti i mezzi di distruzione dell'aviazione per giornate e giornate di seguito essenzialmente adoperando gas asfissianti." in Del Boca op cit pag. 60.
http://www.criminidiguerra.it/html/EstradizBBC.htm
Da documenti ritrovati al Ministero del Foreign
Office si evince che i governi inglese e americano adottarono una politica di
copertura nei confronti dei criminali di guerra italiani, per motivi di
opportunità politica.
Nella Dichiarazione di Mosca del 1943, gli alleati si impegnavano a perseguire i
criminali di guerra nel paese dove i crimini erano stati commessi. Le Nazioni
Unite istituirono una Commissione di inchiesta con il compito di creare una
lista dei criminali di guerra per facilitare l'azione dei governi in tutto il
mondo. In questa lista erano presenti tra altri Badoglio, Graziani, Roatta,
Ambrosi.
Come sottolinea lo storico Michael Palumbo, sulla base di documenti trovati
negli archivi di Washington, Londra e Roma, gli anglo-americani erano a
conoscenza della efferatezza dei crimini italiani e, negli anni che seguirono
l'armistizio, coprirono Badoglio e il suo gruppo perchè li ritenevano
affidabili per il loro anticomunismo.
Nel settembre del 45, infatti, il tribunale speciale prese in esame il
"caso Badoglio" e il Foreign Office, in un telegramma cifrato spedito
all'ambasciatore inglese a Roma, fece pressioni perchè si intervenisse con
Parri, allora Presidente del Consiglio dei ministri, per evitare o rimandare il
processo: "Dovrebbe cercare di portare all'attenzione dell'onorevole
Parri in maniera confidenziale e ufficiosa, il prezioso contributo che Badoglio
ha fornito alla causa alleata, esprimere la speranza che questo contributo venga
sottoposto alla attenzione della corte prima dell'udienza".
Parri rinuncia e il "caso Badoglio" fu abbandonato.
Nel 1946 la Jugoslavia e l'Etiopia protestarono per la mancata estradizione dei
criminali di guerra italiani.
Dall'ambasciata della repubblica popolare federale di Jugoslavia al governo
militare alleato: "Per facilitare il compito delle autorità militari a
una lista contenente dati relativi a 40 criminali di guerra italiani è allegata
la richiesta da trasmettere alle autorità competenti ad autorizzare l'arresto e
la consegna al governo jugoslavo dei criminali in questione. Non un solo
criminale di guerra italiano è stato consegnato alle autorità giudiziarie
jugoslave e questo nonostante ripetute assicurazioni dateci dal governo di sua
Maestà".
Il Ministero degli Esteri britannico sottolinea le sue preoccupazioni: "L'arresto
di alcuni elementi che hanno occupato alte cariche nel ministero della guerra
italiano, provocherebbe un imbarazzo politico. Queste persone hanno aiutato in
maniera esemplare gli alleati. Arrestarli creerebbe uno shock tale nel governo
italiano e nell'opinione pubblica, che ci procurerebbe molti problemi e
causerebbe un grande scontento."
DaL Rapporto del funzionario del Foreign Office competente per i crimini di
guerra:
"La giustizia richiede di consegnare questi individui; motivi di
convenienza spingono nella direzione opposta o almeno a non consegnare quelli
che occupano posizioni più importanti".
Il 26 Aprile 1946 Lord Halifacs da Washington esprime il parere americano:
"Il Dipartimento di Stato considera che la migliore tattica per entambi
i governi sia tentare di guadagnare tempo".
J. Calvin del Foreign Office si disse d'accordo: "Questo mi sembrerebbe
un caso in cui l'interesse di tutti sia di temporeggiare più a lungo possibile".
Viene comunicato alla Jugoslavia di aver bisogno di più tempo.
Anche la diplomazia italiana concorda con questa linea, attuando resistenza
passiva alle richiesta dei paesi esteri.
Il Presidente del Consiglio italiano De Gasperi informa
l'ammiraglio E.W. Stone (capo della Commssione Alleata in Italia), che il
Ministero della Guerra "sta provvedendo ad una severa inchiesta, il cui
esito sarà appena possibile portato a conoscenza..." della stessa;
nella risposta
l'ammiraglio mostra interesse perchè questo gli consente di prendere tempo con
il governo jugoslavo, che richiedeva insistentemente la consegna dei criminali
di guerra italiani.
Il 6 maggio 1946 il I governo De Gasperi istituisce
una commissione d'inchiesta per i presunti criminali di guerra italiani, con
l'obiettivo "di poter giudicare,
con i propri normali organi giudiziari e secondo le proprie leggi, quelli che
risultassero fondatamente accusati da altri stati."
L'11 settembre 1946 De Gasperi comunica
a Stone che la Commissione sta per deferire ala giustizia penale militare
quaranta inquisiti con l'accusa "di essere venuti meno, con gli ordini o
nella esecuzione degli ordini stessi, ai principi del diritto internazionale di
guerra e ai doveri dell'umanità, ed in modo particolare ai principi della
inviolabilità degli ostaggi e alla limitazione del diritto di rappresaglia".
Il 21 ottobre 1946 Stone comunica
alla Delegazione Jugoslava "di non aver competenza a richiedere al
Governo Italiano la consegna dei criminali di guerra in quanto tale competenza
spetta al paese interessato".
1947 Nuova richiesta della Jugoslavia che si appella nuovamente agli inglesi:
"Nonostante i chiari obblighi internazionali il governo britannico e
quello americano hanno dilazionato facendo uso di vari pretesti e ritardato la
consegna dei criminali di guerra italiani; come risultato di questo
atteggiamento non uno solo dei 700 criminali della lista delle Nazioni Unite sui
crimini di guerra è stato consegnato alle autorità jugoslave. Permettere
questo stato di cose sta preparando una situazione tale da minacciare lo
sviluppo delle relazioni pacifiche in questa parte d'Europa".
Una settimana dopo l'ammiraglio Stone della Commissione di controllo del Foreign
Office dichiara: "Dal momento che il governo militare alleato è stato
smantellato, le richieste per la consegna degli italiani inseriti nella lista
della commissione dei crimini di guerra, devono essere inoltrate direttamente al
governo italiano".
Una scappatoia fu trovata dagli inglesi relativamente al fatto che gli alleati
dovevano prendere in considerazione solo richieste provenienti da canali
diplomatici. La Jugoslavia non aveva l'ambasciata in Italia e non poteva
inoltrare richieste.
Il principale interesse inglese era quello di processare italiani responsabili
di crimini commessi contro soldati dell'esercito britannico.
Un caso di questo genere è quello relativo al Generale Bellomo accusato di
essere il responsabile della morte di un prigioniero di guerra britannico ucciso
dalle guardie durante un tentativo di fuga. Bellomo fu l'unico italiano
giustiziato dagli alleati, nonostante gravi irregolarità processuali
sottolineate da S. Ray, un corrispondente di guerra inglese, che seguiva il
processo per un giornale nazionale. Ray scriverà al deputato laburista Igor
Thomas: "Sono estremamente turbato; respinto appello del Generale Bellomo
contro sentenza di morte. Ero presente a tutto il processo; non sono l'unico
corrispondente britannico a pensare che il verdetto è contro il peso delle
prove, che le capacità di accusa e difesa non erano eque, che un insufficiente
peso è stato dato a chiare circostanze attenuanti e al buon carattere del
Generale. Se colpevole, Bellomo è personaggio minore confronto a ex fascisti
con i quali stiamo trattando. L'importante non è nostro prestigio ma diritto
Bellomo di beneficiare di considerevoli dubbi che io credo esistano. Sarei grato
se tu potessi fare qualcosa".
L'8 settembre 1945 arriva la risposta del Foreign Office alla richiesta di
clemenza del parlamentare laburista I.Thomas.
"I verbali del processo sono stati attentamente studiati dal Foreign
Office e mostrano come il procedimento sia stato effettuato in maniera normale e
completamente giusta. Il generale Bellomo è stato condannato per aver commesso
un omicidio particolarmente vigliacco per il quale non possiamo trovare
circostanze attenuanti. Siamo sicuri che lei potrà condividere il fatto che
l'effetto, sull'opinione pubblica del paese, di un perdono ingiustificato di un
criminale di guerra, sarebbe altamente indesiderato.
Come sottolinea lo storico M. Palumbo: "La più grande ironia fu quella
che gli inglesi giustiziarono l'unico generale antifascista nello stesso momento
in cui stavano coprendo noti criminali di guerra italiani. Bellomo aveva infatti
combattuto i tedeschi a Bari e per questo aveva ricevuto una medaglia d'argento
al valor militare. Non piaceva a Badoglio perchè dimostrò a quegli italiani
che erano scappati, come bisognava combattere i tedeschi".
Bellomo aveva anche salvato la vita a un prigioniero inglese condannato a morte
da alcuni gerarchi locali per aver ucciso due civili. In quella occasione
sostenne che il prigioniero aveva agito per legittima difesa e quindi non si
poteva parlare di crimine di guerra. Al generale Bellomo fu data l'opportunità
di scappare ma rifiutò perchè sarebbe stato contrario al suo onore di militare
.
Nel 1947 continuano le pressioni iugoslave per la consegna dei criminali di
guerra.
Il ministro italiano per gli affari esteri chiede a inglesi e americani tramite
l'ambasciatore britannico a Roma che: "Al fine di diminuire le pressioni
della Jugoslavia sull'Italia, in rispetto dell'articolo 45 del trattato di pace,
il governo di Sua Maestà e quello degli Stati Uniti scoraggino ulteriori
richieste per la consegna di criminali di guerra italiani, dichiarando di
ritenersi soddisfatti di lasciare il processo e l'eventuale condanna di coloro
che non sono ancora statiarrestati al sistema giudiziario italiano".
L'accordo venne raggiunto 6 settimane dopo e il governo americano accettò di
lasciare il processo di colpevoli di crimini contro militari alleati nelle mani
dei giudici italiani. Il governo inglese seguì l'esempio.
Gli alleati creavano così un precedente che rendeva impossibili ulteriori
richieste iugoslave per oltre 800 criminali inclusi nelle liste delle Nazioni
Unite.
Come sottolinea Marian Mushkat, delegato polacco alla commissione Onu per i
crimini di guerra (1946/48): "Gli alleati occidentali sfruttarono la
loro posizione preminente in seno alla commissione per i crimini di guerra e
respinsero la maggior parte delle richieste degli iugoslavi ignorando molti
documenti preparati dagli iugoslavi principalmente perchè il governo di
Belgrado era considerato alleato dell'Unione Sovietica. Un altro pretesto per
respingere i dossier preparati dagli iugoslavi fu quello relativo alla loro
mancata compilazione. Questo argomento si rivelò fittizio perchè i componenti
iugoslavi della commissione per i crimini di guerra erano avvocati brillanti e
esperti in diritto internazionale e i fascicoli da loro sottoposti erano ben
preparati e documentati.".
Nella primavera 1948 si tenne ultima seduta della commissione delle Nazioni
Unite per i crimini di guerra.
La Commissione decise di esaminare solo 10 casi tra le centinaia preparati dagli
etiopi rappresentati da uno svedese.
IL primo caso da esaminare fu quello di Badoglio accusato di aver usato gas
tossici e di aver bombardato ospedali della Croce Rossa durante la campagna di
Etiopia.
Gli inglesi prendono le difese degli italiani.
ROBERT CRAIGE: "Quasi tutta la campagna di Etiopia è stata elaborata da
Mussolini e Graziani. Ho seri dubbi sulle accuse rivolte a Badoglio anche per
quanto riguarda l'uso di gas tossici. Nulla prova il coinvolgimento di Badoglio
nella decisione di farne uso".
RISPOSTA ETIOPE: "A prescindere dal fatto che i superiori abbiano o meno
ordinato di commettere crimini era loro responsabilità sorvegliare i propri
sottoposti e prevenire che i crimini venissero commessi. Il generale giapponese
Yamascito venne condannato in base a questo principio".
NORWAY RYNNING: "Sono quasi certo che Badoglio, come comandante in capo
e responsabile della realizzazione della campagna, debba in qualche modo essere
stato coinvolto nella decisione di usare gas tossici visto che si tratta di una
decisione che deve essere stata presa ad alto livello".
CRAIGE: "Si ma riguardo al bombardamento degli ospedali e delle
ambulanze della Croce Rossa risulta chiaro dal carteggio che vi sono alcuni
dubbi sulla volontarietà dei bombardamenti".
NORWAY: "Questa non era la posizione del governo britannico nel 35-36
quando respinse qualsiasi argomento avanzato dal ministro degli esteri italiano
per discolparsi del bombardamento di unità mediche inglesi in Etiopia".
IL GOVERNATORE IMPERIALE ETIOPE: "Si è trattato della prima volta nella
storia in cui la Croce Rossa è stata ripetutamente attaccata e questo avvenne
quando Badoglio era il comandante in capo".
Con gli etiopi spalleggiati da Norvegia e Cecoslovacchia il comitato decise di
inserire Badoglio nella lista come criminale di guerra di grado A per l'uso di
gas tossici e per gli attacchi agli ospedali della Croce Rossa.
Il caso Graziani fu meno controverso e fu inserito con il grado A con 9 capi di
imputazione.
Anche gli altri 7 capi fascisti furono inseriti nella lista (De Bono, Lessona,
Pirzo Biroli, Geloso, Gallina, Tracchia, Cortesi).
Gli etiopi organizzarono una loro commissione nazionale sui crimini di guerra.
Nel 1949 l'Italia respinse la richiesta etiope per l'estradizione di Graziani e
Badoglio.
Il 17 settembre l'ambasciatore etiope a Londra sottopose la questione al Foreign
Office che considerò la richiesta inopportuna e consigliò di desistere.
Così nessun criminale fu mai estradato.
P. Badoglio morì nel suo letto con un funerale di stato.
R. Graziani fu processato da un tribunale militare e condannato il 2
Maggio 1950 a 19 anni di carcere, di cui 13 condonati, per la sua attività
legata alla RSI. La pena da scontare di un anno e otto mesi fu ulteriormente
ridotta a quattro mesi per la richiesta della difesa, subito accolta, di far
iniziare la decorrenza della carcerazione preventiva al 1945. Pertanto, quattro
mesi dopo la sentenza, il 29 agosto Graziani tornò in libertà lasciando
l'ospedale militare dove aveva trascorso gran parte della durata del processo.
Nel marzo 1953 divenne presidente onorario del MSI. Morì nel 1955 per collasso
cardiaco.
M. Roatta, responsabile di crimini in Jugoslavia, processato dall'Alta
Corte di giustizia, la notte del 4 marzo 1945, nell'imminenza della sentenza,
evase con l'aiuto dei servizi segreti e si recò in Spagna. Rimpatriò nel 1966.
(cfr. Franzinelli, in Millenovecento, Gennaio 2003, pag. 102 e seg.).
C. Geloso e A. Pirzo-Biroli riconosciuti criminali di guerra per la
politica repressiva attuata nelle regioni di cui erano governatori.
S. Gallina, generale, riconosciuto criminale per le violenze, i
rastrellamenti, le uccisioni fatte dalle sue truppe.
G. Cortese, federale, considerato criminale per l'ondata di terrore
scatenata ad Addis Abeba dopo l'attentato Graziani.
R. Tracchia considerato criminale per aver fatto fucilare i fratelli
Cassa, dopo aver loro promesso salva la vita.
Fonte: Fascist Legacy, video-documentario prodotto da BBC, Londra
1990, con la regia di Ken Kirby e la consulenza storica di Michael Palumbo.
Fu costituita con Decreto il 6 maggio 1946 presso
il Ministero della Guerra (poi della Difesa).
Con questo atto il Governo italiano, come documentato
da F.Focardi e L. Klinkhammer, cercava di evitare che i presunti criminali di
guerra italiani venissero consegnati ai governi esteri, da cui venivano
richiesti per essere processati.
Infatti la dichiarazione finale della Conferenza di Mosca del 30 ottobre 1943
prevedeva che gli italiani che si erano resi colpevoli di crimini nei paesi
occupati dovevano essere "consegnati alla giustizia"; questo fatto era
assodato anche per gli stessi diplomatici italiani che seguivano la questione.
Ma la scelta politica di non consegnare i presunti criminali venne motivata
attraverso un'interpretazione
strumentale della dichiarazione di Mosca da parte del Governo De
Gasperi, sostenendo tra l'altro la necessità di svolgere gli eventuali
processi in Italia.
Ma il Trattato di pace (nell'art.38 della bozza presentata il 18.7.1946 e
nell'art. 45 della versione definitiva firmata il 10.2.1947) prevedeva
che l'Italia arrestasse e consegnasse ai paesi richiedenti le persone accusate
di aver ordinato, commesso o essere stati complici di crimini di guerra, di
crimini contro la pace e di crimini contro l'umanità.
Quindi la ventilata possibilità di sottoporre alla Magistratura italiana
militari e civili italiani accusati di crimini di guerra, non poteva schiacciare
il diritto delle nazioni colpite da azioni crimini attuate dall'esercito
italiano.
In più venivano riconosciute responsabilità dei militari italiani anche per
quei crimini contro l'umanità e contro la pace ritenuti addebitabili -
secondo l'interpretazione ufficiale italiana - solo ai nazisti.
Allo scopo di rendere meno attaccabile il rifiuto di consegnare i presunti
criminali richiesti, il Ministro della Guerra Brosio propose
di istituire una commissione di inchiesta strettamente tecnica, per vagliare le
accuse ed eventualmente deferire all'autorità giudiziaria gli inquisiti.
Quindi questa avrebbe dovuto essere composta da alti generali ed ex-ministri
della guerra dei governi succedutisi dopo l'8 settembre 1943.
Il decreto ministeriale istituì
quindi una commissione composta da sei avvocati (di cui tre erano deputati) e
tre generali (in rappresentanza delle tre armi: esercito, marina e aviazione).
I tempi di lavoro della commissione
La commissione operò per i primi mesi sotto la presidenza dell'ex-ministro
della Guerra il senatore liberale Alessandro Casati. Nell'autunno del 1946 ne
divenne presidente l'ex-ministro dell'Aeronautica il parlamentare Luigi
Gasparotto, che poco dopo la lasciò essendo diventato Ministro della Difesa (da
cui dipendeva la Commissione stessa), ma per diventarne nuovamente presidente a
partire dal dicembre del 1947.
Dalla documentazione visionata si è potuto accertare che la commissione
proseguiva i lavori ancora nel luglio 1948.
Nell'agosto
dell'anno seguente, mutate le condizioni di politica internazionale, la
Commissione aveva cessato il proprio lavoro.
La Memoria della commissione.
Nell'archivio dello
stesso Gasparotto è depositata la premessa e la prima parte della Memoria
redatta dalla Commissione stessa, che illustra l'impostazione sulla cui base
venne svolto il lavoro di analisi delle accuse e della documentazione inviata
dal Governo jugoslavo.
Nella Memoria compaiono ampie giustificazioni per le azioni criminose dei
generali italiani; confrontandole con gli atti di difesa redatti dagli inquisiti
(reperiti nello stesso archivio) si può constatare un'assoluta uguaglianza di
motivazioni.
Infatti il documento precisa
che la commissione "tenuto nel debito conto il particolare ambiente in
cui le persone indiziate come colpevoli di crimini di guerra ebbero a svolgere
la loro attività".
Singolare è anche la coincidenza dell'analisi della situazione politica e
militare fatta della Commissione con quella che emerge nei documenti redatti dai
generali inquisiti, in particolare nel testo di Orlando e Robotti del novembre
1941 inviato al comandante della II Armata.
Nella Memoria inoltre viene presentata una ricostruzione storica
dell'occupazione italiana dei territori jugoslavi tra l'aprile 1941 ed il
settembre 1943 (ovvero parte della Slovenia, della Croazia, compresa la
Dalmazia, e della Bosnia ed il Montenegro).
Viene tratteggiata un'immagine positiva del ruolo dell'esercito italiano: questo
sarebbe stato ben accolto dalla popolazione (anche perché l'occupazione tedesca
era più temuta) ed avrebbe avuto anche il merito di porre un freno alle
terribili violenze degli ustascia
croati.
Ma, secondo il documento, questa situazione quasi idilliaca sarebbe gradualmente
mutata
e "nell'estate del 1942, in conseguenza della situazione generale e
soprattutto dell'entrata in guerra della Russia, le formazioni ostili assunsero
maggiormente consistenza e migliore organizzazione; fra esse primeggiarono
quelle partigiane" filo-sovietiche.
A questo punto la Commissione ammette
che vennero adottati "veri provvedimenti repressivi, quali
l'internamento delle persone sospettate di partecipare alla lotta partigiana o
abitanti nelle vicinanza dei luoghi ove venivano compiuti atti di sabotaggio,
operazioni di rastrellamento a breve e a largo raggio, ed azioni di rappresaglia
per atti compiuti dal nemico in contrasto con le leggi di guerra".
Il documento sostiene
che in seguito a "gravi e numerosi … atti di ferocia commessi dai
partigiani contro i militari da essi catturati: … le nostre Autorità
dovettero adottare dei provvedimenti di rigore che, in altre condizioni, si
sarebbero dovuti senz'altro considerare eccessivi".
Quindi la Memoria conclude
la parte riguardante la Jugoslavia, ribadendo il ruolo positivo dei comandanti
italiani in quanto i delitti "più atroci, le barbare distruzioni di
interi villaggi e di edifici" sarebbero stati opera dei gruppi etnici
in lotta fra loro, mentre "le nostre Autorità di occupazione"
sarebbero intervenute "per assicurare una vita pacifica alle popolazioni".
E' chiaro dall'analisi di questo documento, che ha guidato l'azione della
commissione, che questa si è fatta interprete delle indicazioni politiche, che
emergono anche dai documenti del Ministero degli Affari Esteri.
Infatti tra i nomi degli italiani richiesti per crimini di guerra figuravano quelli
di ufficiali, funzionari, uomini politici che ricoprivano alte cariche nello
Stato italiano, come ha scritto
il ministro Brosio.
Molti generali, indicati nelle liste della Commissione delle Nazione Unite come
criminali di guerra, ricoprivano incarichi nel Ministero della Guerra,
addirittura il gen. Orlando, uno dei teorici e degli artefici della repressione
in Slovenia, era stato ministro.
Quindi la Commissione più che d'Inchiesta, sembrava un collegio di difesa per
quasi tutti gli indagati.
Facevano eccezione alcuni, ad esempio gli alti ufficiali del Tribunale
Straordinario della Dalmazia, per cui, leggendo gli atti, si desume che
fosse stato deciso il sacrificio forse ad una condanna
a qualche anno di carcere.
Ma queste affermazioni vengono puntualmente contraddette da numerose circolari
e disposizioni emanate dai generali comandanti, che dimostrano senza alcun
dubbio, la feroce volontà repressiva e vessatoria dei comandanti militari nei
confronti della popolazione civile e dei partigiani.
Questi documenti erano a disposizione della Commissione, sia direttamente negli
archivi militari italiani sia presso quelli alleati.
Ma un'altra conferma di tutto questo emerge dal diario di un cappellano
militare, don Pietro Brignoli,
edito postumo nel 1972, dal titolo Santa
messa per i miei fucilati, in cui lo stesso testimonia le feroci
rappresaglie operate dall'esercito italiano; infatti il sacerdote era inquadrato
nel II reggimento (comandante prima col. E.Silvestri, quindi col. U.Penna) della
divisione Granatieri
di Sardegna, operante in Slovenia ed in Croazia tra il maggio 1941 ed il
novembre 1942, e prestò assistenza religiosa ai molti ostaggi civili, e ai
pochissimi partigiani catturati, che quasi ogni giorno venivano sommariamente
“giudicati” dal tribunale di guerra del reggimento e subito fucilati; questo
prete, un fervente anticomunista, narra dolorosamente anche del sistematico incendio
di villaggi, della deportazione della popolazione nei campi di
concentramento e dei continui furti
operati dagli ufficiali e dalla truppa verso i civili.
Le liste dei presunti criminali di guerra predisposte dalla commissione
11 settembre 1946. In una lettera
al Capo della Commissione
Alleata Ammiraglio E. W. Stone, in risposta ad una sua
in data 2 maggio 1946, il Presidente del Consiglio De Gasperi scrive che “la
Commissione ha redatto un elenco di quaranta nomi di militari e civili, contro i
quali può essere elevata l'accusa … di essere venuti meno ai principi del
diritto internazionale di guerra e ai doveri dell'umanità”.
23 ottobre 1946. Un primo comunicato della commissione d'inchiesta indicava i
nomi di sei inquisiti: i generali Roatta,
Robotti
e Magaldi,
i ten. col. Sorrentino
e Caruso,
e l'ambasciatore Bastianini.
13 dicembre 1946. Un secondo comunicato della commissione indicava altri otto
nomi (fra cui i generali Pirzio
Biroli, Gambara
e Coturri,
e inoltre Giunta
e Grazioli.
Dal gennaio al maggio 1947 vennero emessi altri comunicati che indicavano
in una ventina gli inquisiti deferibili al tribunale militare per crimini di
guerra.
Nell'archivio Gasparotto sono conservate tre
liste di lavoro della commissione d'inchiesta in cui sono indicati i nomi di
militari e civili accusati da paesi esteri di crimini di guerra e di crimini
contro l'umanità:
Situazione al | 25 gennaio 1947 | 12 gennaio 1948 | 23 marzo 1948 |
Deferiti | 13 | 28 | 29 (+1) |
Discriminati | 23 | 111 | 133 |
Sospesi | 7 | 2 | 6 |
Totale | 43 | 141 | 168 |
Quindi la lista smentisce i dati indicati da De
Gasperi a Stone, ridimensionando le cifre.
Come indica la tabella i quaranta nomi in realtà si riducono a tredici presunti
criminali di guerra da deferire al tribunale militare.
La commissione in quasi due anni di lavoro (maggio 1946 - marzo 1948) ha
giudicato deferibili al Tribunale militare solo 29 inquisiti (su 168 accusati
esaminati a cui vanno aggiunti il personale del campo
di concentramento di Arbe, ufficiali, sottufficiali e truppa delle divisioni
"Re"
e "Zara").
In realtà al gennaio 1948 i criminali di guerra la cui consegna
era richiesta al Governo italiano da paesi esteri erano 295, che devono essere
aggiunti ai 1697 compresi nelle liste delle Commissioni Onu per i crimini di
guerra.
Quindi a fronte di 1992 casi segnalati dai paesi che avevano subito l'accupazione
militare italiana e dagli Alleati, la Commissione ne valutò, in base ai
documenti citati, 168 e non prese in considerazione le azioni svolte dai
militari italiani in Africa (Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia) dove vennero
usate bombe a gas e venne praticata una durissima repressione, attraverso la
deportazione in campi di concentramento, torture ed esecuzioni sommarie anche
nei confronti dei civili.
Le conclusioni del Governo
Alla luce di quanto riportato e dei rivolgimenti politici avvenuti tra il 1947
ed il 1948, il processo contro i 29 deferiti al Tribunale militare non fu mai
celebrato. Non solo per i noti motivi (la Guerra fredda, per cui si ripuliva
il passato di nazisti e di fascisti per utilizzarli nella lotta al blocco
sovietico), ma anche perché da parte degli alti generali italiani (per la
maggior parte, i medesimi che comandavano l'esercito monarchico agli ordini del
Comandante Supremo Mussolini) non vi era nessuna
intenzione di condannare i propri colleghi, seppur responsabili di provati
crimini efferati.
Infatti l'istruttoria per almeno 26 deferiti dalla Commissione d'inchiesta venne
completata entro il gennaio 1948, ma d'altro canto lo stesso Governo italiano
era conscio della non opportunità di svolgere processi contro presunti
criminali di guerra italiani contemporaneamente a quelli contro i presunti
criminali tedeschi (che stavano iniziando in Italia nei primi mesi del 1948),
proprio perché “le accuse
che noi facciamo ai tedeschi sono analoghe a quelle che gli jugoslavi muovono
contro imputati italiani”.
Quindi, come scrisse
il 20 agosto 1949 il Direttore Generale degli Affari politici del Ministero
degli Affari Esteri, conte Vittorio Zoppi, all'ammiraglio Franco Zannoni, capo
gabinetto del ministro della difesa, “la Commissione d'inchiesta che …
non doveva dare l'impressione di scagionare ogni persona esaminata …selezionò
un certo numero di ufficiali che furono rinviati a giudizio … Fu spiccato nei
loro confronti mandato di cattura, ma fu dato loro il tempo di mettersi al
coperto … ciò fu fatto con il preciso e unico intento di sottrarli alla
consegna [agli jugoslavi ndr]… Ottenuto questo risultato e venuto meno
le ragioni di politica estera … il Ministero degli Affari esteri considera la
questione non più attuale”.
L'epilogo.
Le conclusioni della questione sono custodite gelosamente negli archivi
del Ministero della difesa, ma si può presumere, alla luce dei documenti
analizzati, che i mandati di cattura siano stati ritirati ed anche i militari
rinviati a giudizio per crimini di guerra abbiano potuto poi concludere (per la
maggior parte) la propria carriera nell'esercito dell'Italia democratica e
antifascista.
Il Governo italiano, ex-ministri e gli alti quadri militari della neonata
Repubblica italiana erano consci dei crimini operati dai militari italiani nel
corso delle guerre coloniali e nel II conflitto mondiale e ne avevano le prove
documentali.
Ma il Governo ha operato per evitare non solo di consegnare, ma anche di
giudicare i presunti colpevoli delle stragi.
A questo scopo consapevolmente ha rinunciato al diritto/dovere di richiedere la
consegna e di perseguire i militari tedeschi accusati di strage in Italia.
Infatti richiedere la consegna di numerosi presunti criminali tedeschi per
processarli in Italia, avrebbe voluto ammettere il principio e quindi non
potersi rifiutare di consegnare i propri presunti criminali di guerra ad altri
paesi richiedenti.
Lo afferma l'ambasciatore italiano a Mosca, Pietro Quaroni, con la piena
condivisione dei dirigenti del ministero stesso, in una lettera
al Ministero degli Affari Esteri il 7 gennaio 1946: “… Il giorno in cui
il primo criminale tedesco ci fosse consegnato, questo solleverebbe un coro di
proteste da parte di tutti quei paesi che sostengono di aver diritto alla
consegna di criminali italiani”.
Quindi la giustizia sta ancora aspettando, non solo per le vittime delle stragi
tedesche, ma anche per tutti gli innocenti trucidati o mandati a morire da quei
generali italiani primi protagonisti dell'aggressiva vocazione colonialista
dello stato italiano.